Nonostante le prove scientifiche della sua tossicità soprattutto per il fegato gli italiani non riescono a rinunciare al nimesulide nella terapia del dolore.
Nonostante le prove scientifiche della sua tossicità soprattutto per il fegato gli italiani non riescono a rinunciare al nimesulide nella terapia del dolore. Lo affermano i risultati del progetto "Niente male" della fondazione Gigi Ghirotti presentato oggi a Roma durante la conferenza stampa sulla Giornata del Sollievo che si celebra domenica prossima.
La ricerca è stata condotta sui pazienti di 150 farmacie di Roma, a cui è stato sottoposto un questionario, da cui è emerso che il paracetamolo è il farmaco più usato, seguito da ibuprofene e diclofenac. Se questi farmaci "coprono" circa il 70% del campione di 2mila pazienti al quarto posto, con un 20%, si piazza il nimesulide. «Si tratta di un'anomalia tutta italiana, e la cifra è alta anche in considerazione del fatto che per il nimesulide c'è la ricetta singola non ripetibile» spiega Nino Annetta, che ha curato la ricerca per la Fondazione «Diverse ricerche hanno confermato che il farmaco può essere tossico per il fegato, e ci sono delle alternative efficaci molto più sicure».
Dall'indagine è emerso anche che il dolore "non ha etá", visto che un terzo di chi va in farmacia per questo motivo ha tra i 30 e i 50 anni, mentre il 33% ne ha più di 75. La farmacia è risultata il luogo principale dove i pazienti cercano sollievo dal dolore, con il 40% che si cura con l'automedicazione, il 20% che si rivolge al medico di famiglia, un altro 20% allo specialista mentre un ultimo 20% chiede direttamente al farmacista. (ANSA)