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Tumori: Solo il 57% dei Pazienti riferisce al Medico i piccoli disturbi. Al Via il primo Progetto per gestire i nuovi bisogni sul territorio

3/5/2018

Al Senato il 28 febbraio un convegno di lancio della campagna sulla gestione integrata delle persone colpite da cancro

Solo il 57% dei pazienti colpiti da cancro riferisce al medico i piccoli disturbi legati alla malattia o alle terapie, contro il 98% che affronta con l’oncologo gli effetti collaterali ritenuti rilevanti. Spossatezza, nervosismo, difficoltà ad addormentarsi, lieve dissenteria, mancanza di appetito, gonfiore e secchezza vaginale sono piccoli fastidi molto frequenti fra i pazienti oncologici italiani, che sembrano però restare nella terra di nessuno. Il 54%, infatti, ritiene che il medico di famiglia non sia un interlocutore adeguato sulle neoplasie e il 79% lamenta l’assenza di dialogo fra oncologi e medici del territorio. E solo il 9% si rivolge al farmacista di fiducia per avere consigli su come affrontare questi disturbi. È la fotografia che Fondazione AIOM e AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) hanno scattato con la prima fase del progetto nazionale “I nuovi bisogni del paziente oncologico e la sua qualità di vita”, presentato il 28 febbraio al Senato in un convegno nazionale e realizzato con il contributo incondizionato di Bristol-Myers Squibb.

“Nel nostro Paese – spiega Stefania Gori, presidente nazionale AIOM e direttore del dipartimento oncologico dell’Ospedale Sacro Cuore-Don Calabria, Negrar-Verona - vivono più di 3 milioni e trecentomila persone dopo la diagnosi di tumore, una percentuale in costante aumento, addirittura il 24% in più rispetto al 2010. E la malattia sta diventando sempre più cronica grazie a armi efficaci come l’immuno-oncologia e le terapie a bersaglio molecolare che si aggiungono a chirurgia, chemioterapia, ormonoterapia e radioterapia.

“Questi cittadini presentano nuovi bisogni, impensabili fino a dieci anni fa – aggiunge Fabrizio Nicolis, presidente di Fondazione AIOM - di fronte ai quali gli operatori sanitari sono spesso impreparati. Da un lato, gli specialisti raramente vengono coinvolti dai pazienti nella gestione di questi piccoli effetti collaterali, dall’altro ai medici di famiglia, come ai farmacisti, non vengono offerti gli strumenti necessari per fornire risposte adeguate. Con la conseguenza che i pazienti e i loro familiari si muovono troppo spesso in modo autonomo cercando soluzioni prive di basi scientifiche. Vogliamo invece creare una nuova alleanza fra oncologi, medici di famiglia e farmacisti per gestire e trasferire sul territorio la cura di questi aspetti.

Molti sono stati gli interlocutori presenti al Convegno.

Il progetto prevede anche il coinvolgimento delle farmacie, per facilitare una distribuzione capillare sul territorio degli attori in grado di supportare i malati. Oggi il 68% dei pazienti non li ritiene interlocutori affidabili per chiedere consigli su questi temi. “Il farmacista in farmacia non fa il medico, il suo ruolo è quello di traduttore di senso, deve spiegare le terapie non integrarle soprattutto in situazioni delicate tenute sotto controllo medico – conclude Paolo Vintani, vicepresidente Federfarma Milano. Il 59% dei farmacisti dichiara di non sentirsi completamente pronto a consigliare al paziente il giusto percorso per risolvere i piccoli disturbi, soprattutto perché i farmaci oncologici non passano attraverso la farmacia e quindi non abbiamo occasione di conoscere le loro interazioni. Il 92% delle farmacie vorrebbe maggiori informazioni. La creazione di un percorso strutturato con gli oncologi e i medici di famiglia può creare le condizioni per una reale reintegrazione dei cittadini colpiti dal cancro nella società e nel mondo del lavoro”.


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